Il problema della Didattica a distanza è reale e rappresenta un onere significativo per gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado in particolare per i bambini della primaria e secondaria. Onere che si manifesta sul piano didattico, pedagogico, culturale e di complessiva crescita individuale e sociale dei nostri figli e nipoti.
Giusto, come scrive Enrico Baroncelli, accelerare il più possibile e “sbrigarsi, vaccinare immediatamente insegnanti e maestre (e questo si sta facendo con AstraZeneca in queste settimane e tornare a riaprire la scuola, almeno per i più piccoli, nel minor tempo possibile”. Con buona pace dei no vax. Certo le recentissime e ancora calde polemiche sui rischi vaccinali riferiti ( e poi smentiti dall’Ema) al vaccino anglo-svedese hanno ulteriormente dilatato i tempi di somministrazione. Ma è necessario e urgente recuperare il tempo perduto. Siamo costretti, absit iniuria verbis, ad affidare le nostre speranze a un generale!
Qualche perplessità suscita, a mio avviso, sostenere che con l’attuale lockdown scolastico si stia “allevando una generazione di «poltronari da televisione» ferma sul divano o peggio sulla sedia nell’armeggiare con tablet, telefonini, computer, e magari nel tempo libero Play Station…”. Tre settimane (vacanze pasquali comprese) di chiusura delle scuole non avranno certamente simili, tragici effetti sul piano generazionale. Se così non fosse faremmo bene ad abolire in modo permanente le vacanze natalizie e gli oltre due mesi della chiusura estiva. Ma questa è solo una provocazione.
Qualche dubbio, inoltre, suscita l’affermazione che “la scuola italiana è quella che ha chiuso di più in Europa”. Non dimentichiamo che la Germania sta riaprendo con prudenza, ma solo dopo due mesi di stop totale. In Gran Bretagna, da qualche mese non più Europa, le scuole ripartono dopo tre mesi di blocco totale ma in presenza di una campagna vaccinale fra le più cospicue. E in Francia, dove le scuole non hanno mai chiuso (ma insegnanti e sindacati scendono in piazza contro l’apertura ad oltranza), le vacanze invernali vengono distribuite in tre step nei mesi di gennaio e febbraio e scaglionate in tre aree regionali con periodi di chiusura che superano i dieci giorni consecutivi. In tal modo configurando un sostanziale anche se parziale lockdown.
In Germania le scuole sono state riaperte in 11 regioni federali su 16. Ciò significa che sono tuttora chiuse dalla seconda decade di marzo, 2300 istituti scolastici su 23mila, vale a dire il 10% del totale. Ma nella Repubblica federale tedesca ciascun länder gode di ampia autonomia. Se poi si considera la situazione complessiva europea si scopre che la durata media della chiusura totale delle scuole sfiora le 3 settimane consecutive mentre la media mondiale è di 22 con gli Usa attestati su 38 settimane complessive (dati Unesco).
In Spagna scuole aperte con alcune restrizioni sanitarie. In Svezia e Polonia aperte solo le primarie e gli asili mentre in Portogallo scolari e studenti sono tutti a casa dal 21 gennaio fino a Pasqua. Come si vede fare confronti fra sistemi scolastici e Paesi diversi è molto problematico. La speranza è che con l’accelerazione vaccinale “manu militari” organizzata dal generale Figliuolo, tutto possa tornare a una sia pur parziale normalità.
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