Questa sera 12 Maggio termina il Ramadan e domani la grande festa. La casa sul Pozzo ha anticipato un tempo di preghiera e di rottura del digiuno la scorsa domenica sera (nota di Renata) e abbiamo chiamato questo appuntamento con le parole della Bibbia: Io, il Signore, sto con gli ultimi (Isaia 41,4) e con un particolare dell’affresco di Mino su Le onde della vita. Ci ha guidato il testo di Papa Francesco scritto per la giornata delle migrazioni del 2020, intervallato da canti meditativi. Abbiamo partecipato alla preghiera musulmana della rottura del digiuno e siamo stati accolti dall’Imam Usama e dalla famiglia che ha cura del luogo e da altri fedeli con i quali abbiamo condiviso la cena. Lo comunico come segno costante di stima e di affetto che lo Spirito ci sta regalando. angelo
Al di là dell’emozione
Domenica 9 maggio 2021 un altro importante appuntamento del cammino condiviso tra moschea e casa sul pozzo: si avvicina la chiusura del Ramadan e siamo invitati a vivere con gli amici del centro Assalam il momento della rottura del digiuno, verso le 20:30.
Il gesto si arricchisce di significato perché preceduto da un’intensa preghiera dei cristiani che si svolge in moschea con la presenza di Usama, per la tragedia dei migranti. Le parole che facciamo nostre sono quelle di papa Francesco. Come sempre il luogo che ci accoglie, così diverso dagli ambienti che ci sono consueti, ci aiuta a riscoprire lo spessore e il valore di verità delle parole che pronunciamo.
Al termine Usama ringrazia per questa preghiera, che cerca di essere pensiero di vicinanza e solidarietà con la fatica spesso drammatica di tanti fratelli, fatica che ha coinvolto e coinvolge in prima persona uomini e donne di fede mussulmana che frequentano la moschea.
È l’ora della preghiera di rottura del digiuno, vissuta con intensità da un gruppo di fedeli e guidata da Usama. La nostra presenza silenziosa è accolta con semplicità e cordialità.
Infine, la festa e il rendere grazie: tutti insieme godiamo dell’ottimo cibo, preparato con generosità e perizia dalle famiglie mussulmane, in un momento di convivialità semplice (le norme anticovid...), ma gioioso. Ci sentiamo accolti e le parole scorrono allegre, specie tra i più giovani presenti nel gruppo.
Innegabili la sobria emozione di tutti i presenti, il clima di accoglienza reciproca, il desiderio di fraternità.
Dico “desiderio di fraternità” e non “fraternità” perché, al di là dell’emozione, credo che tutti, in un modo o nell’altro, percepiamo che si tratta “solo” di un inizio, di uno spiraglio aperto che ci consente uno sguardo su una possibilità di comunicazione reale e profonda, di ascolto limpido, di arricchimento reciproco.
La fraternità comincia dalla condivisione di esperienze, dall’incontro faccia a faccia, dalla scoperta dell’altro in quanto essere umano come noi, ma va oltre, è qualcosa di molto più “tosto”.
Non sono così certa che il mondo che abbiamo intuito attraverso questo spiraglio sia quello che noi abbiamo in mente, anzi credo sia molto più inedito di quanto possiamo immaginare.
Ogni adulto ha fatto esperienza di quanto la relazione e la conoscenza dell’altro non abbia mai termine, di quanto profonde siano le radici affettive e culturali di ognuno.
Al di là dell’emozione di una serata, nasce una nuova, trepida emozione che guarda avanti, con in mano le chiavi dell’amicizia e dell’ascolto dell’altro e con la consapevolezza che aprire porte è una cosa seria.
Renata Menaballi