Un capriolo, forse una femmina, è stato trovato morto ieri mattina sul greto del Pioverna nei pressi del ponte che attraversa il torrente lungo la pista ciclabile di Introbio. L’animale, di medie dimensioni, con ogni probabilità, è stato travolto mentre si abbeverava, dalla piena improvvisa causata dal nubifragio che ha colpito la zona nel pomeriggio di giovedì. La polizia provinciale, avvertita del ritrovamento, ha provvedeuto alla rimozione del corpo senza vita dell’ungulato.
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"Non ho mai avuto paura della morte. Non ne avevo mai sentito parlare. Non so proprio di che si tratti. Noi animali non ne possediamo neppure una vaga idea. Però temiamo il morire. Quell’intervallo fra noi che viviamo e la scomparsa, spesso dolorosa, del mondo da noi, di noi dal mondo. Gli umani credo ne abbiano molta paura. Della morte, intendo. Ma anche loro non la conoscono davvero. Per cercare di allontanarla la chiamano con molti nomi diversi: la nera signora, la grande mietitrice, l’oscura divinità e così via. Già, una divinità. Spesso quei bipedi ci hanno affiancato a qualche dio: più spesso a una dea. Come è accaduto, moltissimo tempo fa, quando un maschio della mia specie rappresentava per le genti del Nord, il viaggio verso la morte di quella che voi chiamate anima. Noi però un’anima non ce l’abbiamo. Non credo. Però, come noi, avete paura non solo della morte ma anche del morire perché è quasi sempre doloroso. È strano però: avete più paura del dolore che della fine di tutto.
Ora anch’io conosco la morte. E capisco meglio anche la vita che mi scorreva intorno e dentro senza che me ne accorgessi, Era un un flusso interrotto solo dai brevi periodi quotidiani di sonno profondo protetto dalle tenebre che avvolgono lentamente il bosco dopo la scomparsa della grande luce che scalda il mondo. E sognavo. Proprio come voi bipedi. Sì, anche i caprioli sognano. Vasti prati verdi di erba tenera. Ruscelli d'acqua cristallina e fredda. Tenere bacche che durante il freddo intenso dell'inverno ci consentono di sopravvivere. Semplicemente, vivevo e non lo sapevo. Non lo capivo. Anche se ora, ripensandoci, in un certo senso lo sentivo. Nell'odore intenso del muschio. Nel placido spirare del vento. Nel mormorio delle betulle. Nel chiacchiericcio dei piccoli esseri viventi che camminano veloci e leggeri nel cielo. E soprattutto quando portavo dentro di me altre piccole vite in attesa di irrompere in quel mondo che ho abbandonato. E che era, lo so, pieno di pericoli predisposti dagli uomini. Da alcuni di voi. Ma ero sempre riuscita a sfuggire alle tagliole, ai lacci, ai bracconieri. Ai... alle… Insomma a quei mostri che corrono più veloci del vento lungo le strisce scure che tagliano in due prati e boschi e che a volte osiamo attraversare spinti dalla fame.
L’altro giorno, però, è andata diversamente. È successo senza che me ne accorgessi. Stava piovigginando. Era quasi buio. Il piccolo branco di femmine, il mio branco, si stava preparando a rientrare nel bosco dal quale eravamo uscite per abbeverarci. Alle nostre spalle i fianchi impervi della montagna erano nascosti da nubi minacciose. Improvvisamente dal cielo sono precipitate gigantesche cateratte d'acqua. Ma non ne avevo alcun timore. La vita a cielo aperto insegna rapidamente a sopravvivere. La nostra casa è da tempo immemorabile il bosco. Il nostro tetto sono le foglie fitte degli alberi. Sempre, ci guida l’istinto che voi umani avete perso in un remotissimo passato. Non appartenete più a quel mondo che ci ha e vi ha generati. Quel mondo che state cercando di uccidere. Ma questa volta ho avvertito un quasi impercettibile segnale di pericolo. Una sensazione che ricordavo di aver già provato: ero rimasta sola, con le zampe anteriori immerse nella corrente rapida del ruscello.
Le mie compagne erano scomparse e avevano forse trovato rifugio nel bosco, L'allarme dentro di me cresceva rapidamente, come l'intensità della pioggia e la velocità della corrente che stava trasformando il piccolo corso d'acqua in torrente impetuoso. Non avvertivo più la presenza del mio gruppo, non ne sentivo più l'odore intenso e rassicurante. La pioggia stava rapidamente cancellando il mondo, il branco, i suoni della foresta. Restava solo il rumore sempre più possente del nubifragio e del vento. Non pensavo al rischio mortale che stavo correndo. Lo ripeto: per noi la morte non esiste. E quando c'è lei, non ci siamo più noi. È accaduto tutto in un istante. La piena improvvisa del torrente mi ha travolto trascinandomi via. Ho cercato di raggiungere la riva ma la corrente era troppo forte. In balia dei flutti sono rotolata capovolgendomi più volte.
Ingoiavo e respiravo acqua limacciosa. Poi un colpo fortissimo alla testa e tutto si è fatto più buio della notte più buia. Adesso sono distesa col capo appoggiato a un sasso sul greto del torrente, alcuni chilometri più a valle. Ma non sono ancora del tutto morta. È morto il mio corpo, ma una parte di me resiste ancora e rimarrà viva per qualche tempo. Poi svanirà lentamente come una candela che va spegnendosi. Mi resta poco tempo ormai. Il mondo si sta dissolvendo piano piano, come la nebbia che in certe mattine invernali galleggia sul torrente, quando il primo sole la illumina. E una piccola nuvola galleggia sull’acqua e si disperde nell’aria..."