Lecco ha staccato tutti. Da qualche giorno guida la classifica con 15 lunghezze sull’inseguitore più vicino. Ma no, non stiamo parlando di campionato di calcio o di qualche altra competizione sportiva. Il primato lecchese, molto poco invidiabile, riguarda i casi di Covid 19. Secondo i dati forniti dalla Fondazione Gimbe, tra il 24 e il 30 agosto scorsi (i dati vengono raccolti ed elaborati settimanalmente) i tamponi risultati positivi nel periodo esaminato sono in aumento del 23,6 % rispetto alla settimana precedente. In nessun’altra provincia italiana è stato registrata una simile impennata. Segue, ad alcune incollature, la provincia di Reggio Emilia, con un misero 5,4%. Medaglia di bronzo per Monza Brianza con un incremento del 5,1%. L’Azienda territoriale sanitaria di Monza e Brianza ha diffuso nei giorni scorsi un eloquente grafico che riportiamo qui sotto.
L’immagine riporta l’andamento della curva dei contagi nel territorio di ATS Brianza dal 27settembre 2021 al 30 agosto 2022. Come si può facilmente notare a partire dalla fine dello scorso anno, il tracciato del grafico ha subito un’impennata esponenziale che continua tuttora anche se in termini certamente più modesti.
Certo, non solo per quanto riguarda la nostra provincia, molto dipende dal numero di tamponi effettuati. Per questo e per altri motivi quasi mai le cifre assolute rivelano la reale diffusione del virus. Ad ogni modo ci permettiamo sommessamente di dubitare che la provincia lariana sia stata così clamorosamente più virtuosa di tutte le altre nella caccia ai soggetti positivi al Coronavirus da poter attribuire a questa virtuosità l’elevatissimo numero di tamponi risultati positivi. Ma allora che sta succedendo attorno a questo ramo del lago di Como? Il “libera tutti” sostanziale concesso dall’abolizione delle restrizioni anticovid è stato preso troppo alla lettera? I dati non sono affidabili? I cittadini lecchesi si danno alla pazza gioia ignorando tranquillamente i rischi presenti in comportamenti epidemicamente scellerati? È molto difficile produrre valutazioni davvero attendibili in una materia così sfuggente come il panorama pandemico nel quale ci agitiamo ormai da due anni e mezzo.
Le variabili in campo sono troppe e troppo difficili da interpretare anche dagli specialisti. Ma un fatto è incontestabile: a livello regionale i confronti con il 2021 sono impietosi. Il 30 agosto di un anno fa in Lombardia, il tasso di contagio (percentuale di casi positivi rispetto ai tamponi effettuati) si era attestato su un confortante 1,4 % mentre nello stesso giorno di quest’anno l’asticella del salto in alto è stata superata in scioltezza dalle covarianti di Omicron 5, con un balzo al 15,3%. In linea generale si può comunque osservare che le ormai numerose mutazioni del Coronavirus, pare abbiano imboccato una direzione precisa e cautamente confortante. Ogni “nuovo nato” possiede una maggiore contagiosità a fronte di una più ridotta aggressività. Come testimonia la riduzione dei ricoveri ospedalieri sia nei reparti ordinari che nelle terapie intensive. Venerdì scorso, 2 settembre, era stato infatti registrato in Lombardia un bilancio negativo (-7) negli ingressi in TI e in corsia (-11). Segno che forse Centaurus, la più recente clade di SARS-CoV-2, sta perdendo patogenicità anche se si diffonde con estrema facilità. Abbassare la guardia proprio ora sarebbe un grave errore poiché non è scontato che nuove, possibli varianti del Coronavirus seguano lo stesso trend delle altre. Le mutazioni sono del tutto casuali. Omicron e i suoi lignaggi non hanno progetti da realizzare, si muovono alla cieca. Dunque le caratteristiche delle future generazioni virali non sono prevedibili. Meglio essere prudenti. Le parole d’ordine rimangono le stesse: niente assembramenti, mascherina sul naso e vaccinazione.
Anche se la feroce campagna elettorale e la ferocissima guerra in Ucraina producono distrazioni di massa, il virus è ancora fra noi. È di qualche giorno fa la notizia che European medicine agency (EMA) ha approvato le nuove versioni dei vaccini prodotti da Pfizer Biontech e Moderna in grado di opporsi con efficacia alle più recenti covarianti di Omicron, Centaurus compreso. Aifa si appresta a seguirne le indicazioni. Intanto, però, anche a livello nazionale, la campagna vaccinale per la seconda dose booster arranca nella generale indifferenza soprattutto da parte delle categorie di cittadini che ne avrebbero più bisogno: gli ultrasessantenni. Speriamo che l’autunno porti consiglio, almeno in questo campo.
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