Tra le tante notizie che arrivano dall'Ucraina, forse propagandistiche o no, mi ha colpito quella che i Russi non vorrebbero ricevere indietro dagli Ucraini i corpi dei loro commilitoni morti, al fine di essere seppelliti e pianti dalle loro madri in Russia.
Questo soprattutto per non far sapere in patria l'ingente numero di perdite, alcuni giovanissimi di neanche vent'anni (si parla addirittura di 10-14.000 soldati) che l'esercito di Putin ha subito in ormai più di un mese di guerra, o "Operazione Speciale" che dir si voglia.
Mi viene allora in mente un episodio cruciale della storia italiana nella II Guerra Mondiale.
Sapete quando Mussolini e il Fascismo hanno perso veramente il consenso (che alla vigilia della Guerra era amplissimo, De Felice ha sicuramente ragione) presso gli Italiani, segnando la crisi definitiva del Regime nato dalla Marcia su Roma del 1922 ?
E' poco noto, ma esattamente quando i nostri gloriosi Alpini, partiti con grandi strombazzamenti e fanfare dalle città e dai paesi non solo del Nord nel Giugno 1942, per andare a combattere sul Don insieme ai "Camerati" della Wehrmacht, sono ritornati feriti non solo nel corpo ma soprattutto nell'animo nel Febbraio del 1943.
In quei mesi hanno provato sulla loro pelle l'approssimazione, la pochezza, la disorganizzazione di un regime che prima li ha mandati a piedi dai confini della Polonia per più di 120 km per raggiungere le loro postazioni, con abiti poi inadeguati all'inverno russo, fino alla definitiva esplosione della "Operazione Urano", che li ha colti impreparati.
Dopo un mese circa di tragica "ritirata" nella steppa ghiacciata, la battaglia di Nikolajewka, che giustamente gli Alpini commemorano ogni 26 Gennaio a Colico, ha permesso loro di uscire dalla trappola con cui i Russi li avevano circondati.
Ma se militarmente Nikolaevka era stata una sconfitta per i Russi, che stavano per catturare i resti dell'Armir (all'inizio più di 200.000 soldati, ridottisi poi a un quarto) fu invece anche per loro una grande fortuna che i nostri Alpini tornassero in Italia.
Diversamente dall'andata, Mussolini voleva tenere il più coperto possibile il ritorno dei "reduci", azzoppati, feriti, moralmente distrutti. Mandò fin quasi al Brennero dei treni piombati, letteralmente chiusi e sigillati, perchè la popolazione non li potesse vedere fasciati dentro i vagoni.
Ma quando gli Alpini scesero dai treni ...
La situazione di estremo degrado in cui i soldati avevano vissuto venne prima svelata ai famigliari (anche se gli alti gradi militari avevano ufficialmente proibito ai soldati di parlare di ciò che era successo in Russia) il malumore cominciò a diffondersi sempre di più, fino a trasformarsi prima in critica aperta, come mai era successo per vent'anni, e poi in odio per il Fascismo.
Ecco, io spero che la stessa cosa spero possa accadere oggi in Russia. Non solo che i soldati Russi possano tornare dall'Ucraina e magari raccontare ciò che veramente hanno visto, e sbugiardare ciò che la propaganda asservita a Putin ignobilmente propina ai loro concittadini, come ad esempio che Mariupol sia stata bombardata dagli stessi Ucraini !
Ma addirittura suggerirei agli Ucraini civili reduci da Mariupol e Kiev di recarsi pure loro in Russia, per raccontare ciò che hanno subito e di che cosa sono state vittime, da parte dei loro "fratelli" venuti a liberarli da un supposto "Nazismo".
Il popolo russo oggi ha bisogno soprattutto di sapere: ottanta anni fa in Italia sono stati gli Alpini i primi a svelare la realtà viscida e corrotta che per vent'anni era stata nascosta agli Italiani (e di ciò dovrebbero andare orgogliosi), oggi invece qualcuno dovrebbe dire ai Russi ciò di cui è stato testimone.
Questo sarebbe il modo migliore di far finire la guerra e cacciare il dittatore Putin dal Governo, esattamente come noi quasi ottant'anni fa abbiamo cacciato Mussolini !