LA DOMENICA DELLE (FUTURE) SALME
Niente da fare. Inutile, a questo punto, anche scriverne. Inutile ribadire, sottolineare, ricordare.
In questa domenica di febbraio dove il termometro ha faticato parecchio a raggiungere lo zero, sembra d'essere a ferragosto: Tamoil di Balisio quasi al completo, ALVA non parliamone, Fornace contate un centinaio di auto (ma altre erano in arrivo), invernale della Grigna come un formicaio ("In questo momento conto novanta persone - mi dice un signore che trovo sulla strada per la Spinera - ma il primo che ho visto è stato stamattina alle sei e mezza, c'era una luce che si muoveva dove inizia il traversone). "Ad Artavaggio alle otto c'era già coda" racconta una ristoratrice che poi si dichiara preoccupata: il telefono continua a squillare, gente che vuol prenotare, che Dio ce la mandi buona. A lei e a tutti gli altri locali aperti, fino a quando chi lo sa. Se tanto mi dà tanto chissà cosa è successo a Paglio, a Giumello, in Pialeral, a Biandino: ma non ci vuole una grande immaginazione, vero?
L'assalto è iniziato nella semioscurità, insomma, come da copione di un film di guerra di serie B, ed ora la coda è ferma a Pasturo e dalla finestra di casa, mentre scrivo queste inutili righe, vedo passare macchine sulla provinciale senza soluzione di continuità.
Sbircio su googlemaps: in Valtellina la situazione è la stessa. Coda dalla Brace fino all'imbocco della superstrada; coda su tutta la tangenziale di Sondrio, e prima ancora dopo subito dopo Tresenda. Mi spingo più a nord: prima di Tirano tutti fermi. Ancora un po' più in su: rosso scuro tra Livigno e Bormio.
Niente da fare. Non abbiamo capito niente, per cui ci meritiamo quello che ci stanno dicendo adesso.
E cioè che l'Istituto Superiore di sanità ha fortemente sconsigliato la riapertura degli impianti di sci; che la variante inglese non è uno scherzo e piomberà su di noi a breve con conseguenze da lockdown semi totale; che, insomma, la pandemia non è finita.
Ma questo lo sapevamo. E quindi quel che sta accedendo oggi significa un paio di cose: la prima è che ce ne freghiamo, la seconda che questi dodici mesi non ci hanno insegnato niente visto che stanno finendo così come erano cominciati.
Non ci sono stati 93.00 e rotti morti, duemilionieduecentomila ricoverati. No, era solo un film, un po' lungo forse, ma pur sempre un film. Perchè la realtà è un'altra, mica questa. Non è vero che abbiamo avuto bisogno della cassa integrazione, dei 600 euro, della didattica a distanza. Una sceneggiatura. Un romanzo. Che altro?
Per cui, visto che abbiamo dimostrato nei fatti la nostra incapacità, rassegnamoci ed evitiamo di contestare eventuali prossime scelte dolorose.
E, soprattutto, speriamo che questa non sia stata una domenica di future salme.
Riccardo Benedetti