Sant’Antonio Abate in zona rossa, l’emergenza ridimensiona la festa del patrono rurale
Molte le chiese dedicate al protettore degli animali anche nel Lario: quella di domenica 17 gennaio, è una ricorrenza importante per la civiltà rurale e, in anni “normali”, molto partecipata dagli agricoltori
Una ricorrenza cara al mondo agricolo, ma non solo. La festa di Sant’Antonio Abate, infatti, è entrata da tempo immemorabile nel cuore dei lariani che ne mantengono intatte le tradizioni, come quella dei falò.
Ma, a quasi un anno dallo scattare dell’emergenza Covid, la pandemia ridimensiona tutti gli eventi nelle due province lariane, a partire dalle feste popolari che seguono alla benedizione degli animali nei numerosi borghi rurali. Nemmeno nei lontani anni della guerra si era dovuto rinunciare ad uno degli eventi più importanti e noti tra le celebrazioni in onore del santo nato in Egitto.
“E’ una festa che gli agricoltori di ogni paese rurale, dalle Alpi alla pianura, hanno sempre vissuto con trasporto, partecipando alla Messa e alla successiva benedizione degli animali. Sicuramente, lo scenario di quest’anno è uno specchio della difficile realtà che stiamo vivendo quotidianamente” dice il presidente di Coldiretti Como Lecco Fortunato Trezzi.
Non si tratta di una festa solo italiana o lombarda, ma di carattere molto più ampio e molto sentita nel confinante Canton Ticino, dove si contano moltissime chiese dedicate al Santo.
“La festa di Sant’Antonio Abate – sottolinea il presidente Trezzi - è altresì utile a comprendere l’importanza del lavoro degli allevatori nel preservare la biodiversità, salvando quelle razze animali che, altrimenti, rischierebbero l’estinzione: tra esse ci sono anche le capre di razza Verzaschese e di Livo, identitarie di un patrimonio zootecnico di grande tradizione che contraddistingue le terre lariane, risorse preziose per il territorio, il cui allevamento va tutelato per continuare una tradizione che affonda nei secoli le proprie radici”.
LE INIZIATIVE IN LOMBARDIA
Sono più di 38 milioni gli animali della fattoria lombarda. E’ quanto emerge dal report elaborato dalla Coldiretti regionale in occasione della prima ricorrenza di Sant’Antonio Abate celebrata ai tempi della pandemia da coronavirus, con la visita dell’Arcivescovo di Milano Monsignor Mario Delpini che si è recato in due aziende agricole in provincia di Milano per la benedizione degli animali.
Simbolicamente, l’Arcivescovo ha fatto visita a due fattorie dove si allevano maiali, mucche da latte e da carne, che sono tra i settori più colpiti dagli effetti provocati dall’emergenza sanitaria con un calo dei prezzi riconosciuti alla stalla a fronte di un aumento dei costi di produzione.
In Lombardia – calcola Coldiretti Como Lecco sulla base dell’Anagrafe zootecnica e su dati regionali – si contano un milione e mezzo di mucche, 4 milioni e 400 mila maiali, circa 30 milioni tra polli, galline, tacchini, faraone e oche, mentre le pecore e le capre sono più di 200 mila. I cavalli, gli asini e i muli in regione superano complessivamente i 55 mila esemplari. Ci sono poi – continua Coldiretti Como Lecco su dati dell’Anagrafe degli animali d’affezione – un milione e 700 mila cani, oltre a 250 mila gatti e circa 700 furetti.
SANT’ANTONIO ABATE
Non a Como, ma a Coma, in Egitto: è qui che nacque il protettore delle campagne, si presume nell’anno 251. Sant’Antonio, racconta la tradizione, distribuì ai poveri la cospicua eredità paterna e intraprese una vita di riflessione come eremita.