In un articolo pubblicato ieri dal giornale leccoonline.com, il professor Andrea Tintori di Malgrate, già ordinario di Paleontologia all’Università di Milano, oggi in pensione, si preoccupa che i numerosissimi fossili , circa 1500, da lui trovati per lo più nel territorio delle Grigne non riescano a trovare spazio, o siano sepolti in qualche magazzino, nella nuova sede universitaria milanese prevista a Rho dove c’era l’EXPO.
Ho conosciuto Tintori proprio negli anni della sua ricerca, verso il 2007, quando per il giornale Leccoprovincia.it che avevo fondato seguivo le sue scoperte presso il Pialeral di Pasturo, nella zona chiamata “Gli Scudi” (per lo loro conformazione geologica a scudo) e l’ho ritrovato due anni fa quando a Introbio è venuto a “scavare un buco” per estrarre il becco di un fossile presso le “Placche” di Introbio, palestra di preparazione per alpinisti anche giovanissimi.
Premetto che di lui ho la massima stima: Tintori è veramente un grandissimo esperto, come ce ne sono pochi in Italia, e si è circondato di un gruppo di giovani studiosi davvero entusiasti.
Dopo essere stato per lungo tempo nelle Grigne (su cui purtroppo è salito anche qualche “collezionista” molto meno preparato, che ha estratto un po’ di fossili a caso e abusivamente) è andato per alcuni anni in Cina, dove ha estratto molti pesci fossilizzati simili a quelli trovati nelle Grigne, tra cui uno molto simile al famoso “Lariosaurus”.
La sua teoria, di cui ha trovato verifica, era infatti che all’epoca della “Pangea“, circa 300 milioni di anni fa, quando la superficie terrestre era un “unicum”, cioè una palla piatta circondata dal mare (“Panthalassa“) senza continenti, gli stessi pesci nuotavano intorno sia in quella che è diventata la Cina sia nelle Grigne, che all’epoca come è noto erano sott’acqua.
Una storia decisamente affascinante.
Al prof. Tintori però vorrei dire una cosa: cioè di non preoccuparsi troppo se i reperti valsassinesi saranno perduti, o finiranno chissà dove.
I valsassinesi ci sono abituati. La Valsassina, e non molti lo ricordano, è sicuramente la zona della provincia di Lecco più ricca di storia, recente, antica e antichissima.
Ma l’incuria e il disinteresse dei valsassinesi, complice anche il comportamento imbarazzante di alcuni nostri Sindaci, che a volte non hanno cognizione del patrimonio storico e ambientale che si trovano ad amministrare (oppure non importa loro un bel nulla !) come conseguenza ha portato a disperdere un patrimonio culturale che in altri posti avrebbe avuto molta più considerazione.
Solo per fare qualche esempio in ordine cronologico: i teschi con il buco sul cranio, di qualche migliaio di anni fa, trovati a Balisio e a Biandino. Uno per fortuna è da tempo al Museo delle Scienze di Belledo.
Qualcuno invece sa che fine hanno fatto gli elmi e gli oggetti di origine celtica, quattro secoli prima di Cristo e precedenti all’arrivo dei Romani, ritrovati a Introbio alla fine dell’Ottocento quando sono state scavate le fondamenta dell’Albergo Introbio, oggi sostituito dall’edificio dove è situata la Banca Intesa ?
E l’elmo e la spada celtica trovati a Barzio in zona funivia ?
Qualcosa aveva salvato l’ex Parroco di Barzio Don Alfredo Comi, creandosi una vetrina spettacolare nella sua sala parrocchiale, ma oggi ?
Per non parlare degli antichi strumenti di lavorazione, agrari e metallurgici, che farebbero la gioia di qualsiasi Museo della Tecnica.
Mentre gli antichi edifici, case , opifici (la prima sede della grande Invernizzi di Maggio) o sono in estrema decadenza o sono stati velocemente distrutti, come l’antico forno siderurgico del Conte Monti (feudatario della Valsassina) a Ponte Chiuso risalente al 1648. Per non parlare dell’antico distretto industriale di Premana, sul fiume Varrone, con officine risalenti al MedioEvo e ancora ben fiorenti nel Sei-Settecento. Oggi quasi tutte rovinate.
Insomma, incuria e disinteresse. Io spero che con Tintori qualche fossile si salvi: almeno quelli !
ENRICO BARONCELLI
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