Riparte ristorazione in zona gialla, ma “stop and go” è difficile da gestire
Interessati 4400 esercizi nelle due province di Como e Lecco, “ma fermi e ripartenze continui complicano la programmazione di attività fondate su acquisto e vendita di prodotti alimentari deperibili”
Con il ritorno della Lombardia in zona gialla, è ripartenza anche per i locali di ristorazione nelle due province di Como e Lecco: sono interessati oltre 4400 esercizi delle due province lariane (circa 3000 a Como e 1400 a Lecco) dopo oltre un mese di chiusura. Una boccata d’aria comunque insufficiente a coprire le perdite, ingentissime, che si stimano per causa di una stagione turistica invernale già azzoppata dai divieti imposti, che mette in crisi l’intera economia di laghi e valli.
In tutta Italia, tornano a riaprire per il servizio del pranzo al tavolo bar, ristoranti, pizzerie ed agriturismi aperti per otto italiani su dieci (80%) per un totale di 47,8 milioni di persone che risiedono in regioni classificate in zona gialla. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti in riferimento alla nuova classificazione delle regioni con quasi tutta Italia che da oggi torna in giallo, con l’eccezione di Umbria, Puglia, Sardegna, Sicilia e la Provincia di Bolzano ancora arancioni.
Nelle due province comunque – sottolinea la Coldiretti lariana – le attività di ristorazione al tavolo sono consentite solo dalle ore 5,00 alle 18,00 con la possibilità della consegna a domicilio, nonché fino alle ore 22 della ristorazione con asporto: in zona arancione era ed è invece consentita la sola la consegna a domicilio o l’asporto. Le limitazioni fino alle 18 per i bar riducono ulteriormente la sostenibilità economica per giustificare le aperture tanto che in molti preferiscono mantenere le serrande abbassate.
In realtà lo stop and go delle ordinanze per le aperture e le limitazioni presenti in molti casi creano ostacoli alla programmazione delle attività che si fondono su acquisto e vendita di prodotti deperibili.
Le riaperture rappresentano comunque una opportunità per il ritorno alla normalità di molti italiani che sono stati costretti a rinunciare al pranzo fuori casa per svago o per lavoro ma è anche una importante boccata di ossigeno per le attività di ristorazione che si classificano tra quelle più duramente colpite dalle misure restrittive che hanno provocato un crack senza precedenti per la ristorazione nazionale che dimezza nel 2020 il fatturato (-48%) per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro, secondo le stime Coldiretti su dati Ismea.
Gli effetti della chiusura delle attività di ristorazione – continua la Coldiretti – si fanno sentire a cascata sull’intera filiera agroalimentare con disdette di ordini per le forniture di molti prodotti agroalimentari, dal vino all’olio, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione – precisa la Coldiretti – rappresenta addirittura il principale canale di commercializzazione per fatturato.
Le limitazioni alle attività di impresa – conclude la Coldiretti – devono dunque prevedere un adeguato e immediato sostegno economico lungo tutta la filiera per salvare l’economia e l’occupazione ma serve anche una riflessione sulla possibilità di apertura serale dei ristoranti anche alla luce delle importanti misure di sicurezza adottata, quali il distanziamento dei posti a sedere facilmente verificabile, il numero strettamente limitato e controllabile di accessi, la registrazione dei nominativi di ogni singolo cliente ammesso.