Tempo…se c’è una cosa che questa pandemia ha cambiato è la mia percezione del tempo…
Oggi è trascorso un anno esatto dall’ultima volta in cui un volo mi ha riportato dall’Italia, mia terra natia, all’Inghilterra, mia terra d’adozione. Così oggi vorrei provare a raccontarvi questo mio tempo.
Era il mese di Febbraio 2020 quando abbiamo percepito che le cose cominciavano a cambiare, anche se ancora non potevamo nemmeno immaginare l’entità di questo cambiamento…Io ero incinta di sei mesi della nostra prima bambina e mio marito, biologo, dopo la nostra uscita al ristorante nel weekend di San Valentino mi disse che forse sarebbe stato più prudente se non ne fossero seguite altre. A breve decidemmo di non recarci più in visita dagli amici a Londra, di non frequentare luoghi publici e di andare alle visite preparto con mascherina e guanti. La reazione delle persone con le quali ci siamo trovati a confrontarci sono state disarmanti…siamo stati giudicati, criticati e derisi, ma eravamo convinti che fosse la cosa più giusta da fare per noi e la nostra bambina ed abbiamo continuato per la nostra strada…strada che di lì a poche settimane sarebbero stati tutti forzati a percorrere.
Il tempo passava…giorni, settimane…quando a Marzo sono entrata ufficialmente in maternità mi sono sentita così sollevata. Sono maestra d’asilo ed i bambini, si sa, sono un veicolo perfetto di ogni sorta di infezione e noi, sempre pronti ad un abbraccio di conforto e ad asciugare nasi mocciolosi, siamo il target perfetto…
La mia maternità non è iniziata esattamente come avrei immaginato. Non ci sono stati giri nei negozi per scegliere il passeggino più bello, la copertina più soffice, il pigiamino più tenero…solo un frenetico shopping online nel tentativo di acquistare tutto ciò che mancava per la bambina più velocemente possibile. Cercavamo di battere il virus sul tempo, sapevamo che di lì a poco ci sarebbe stato un boom di acquisti online. Avevamo ragione.
In pochissimi giorni tutto chiude. E’ “lockdown”. Non siamo sorpresi, ci eravamo preparati, ci sentiamo pronti…ci sbagliavamo…nulla ci avrebbe preparati a quello che sarebbe successo…
Aspettavo con ansia Aprile, quando mia madre avrebbe dovuto raggiungermi per trascorrere con me le ultime fasi della gravidanza. Il volo è cancellato, la speranza no. Maggio è lontano, mi dicevo, c’è tempo…ce la farà la mamma ad arrivare in tempo per quando Sofia nascerà. Mi sbagliavo.
Nel frattempo la pandemia ci insegna termini nuovi, catapultandoci in un mondo che non conoscevamo…mio marito viene messo in “furlough” e ci viene comunicato che è a rischio di “redundancy”. Così capiamo che è a casa, a tempo indeterminato, e che il suo lavoro è a rischio. Coraggio, c’è tempo, ce la faremo a trovare un altro lavoro prima che la bambina nasca…e chi non ha bisogno di un biologo specializzato in drug discovery durante un’emergenza sanitaria? Non avevamo fatto i conti con la pandemia…il cancro, al momento, non è una “priorità”…
Arriva Maggio ma Sofia non arriva. Dopo due settimane di ritardo e svariati tentativi mi ricoverano per l’induzione. Sono sola, nemmeno mio marito può stare al mio fianco. Ho paura. Il parto lo ricorderò come il momento della mia vita in cui mi sono sentita più vulnerabile, e quando sei vulnerabile non vuoi essere solo…ma a quanto pare la scelta non era nostra…
E’ la mattina dell’ultima domenica di Maggio, una domenica gonfia di sole. Mio marito mi raggiunge in sala parto dopo le 9, almeno lì gli è permesso stare. Sofia Zelda nasce alle 11.26. Appena i tempo. Il primo bacio è filtrato da una ffp2.
Il giorno dopo siamo a casa, finalmente tutti insieme. Possiamo amarci senza filtri. Ma non dura molto…Sofia ha cinque giorni di vita quando vengo riammessa in ospedale, con lei. Arriva presto la diagnosi: setticemia. Ho paura, ho davvero molta paura. Ho paura di non potermi più prendere cura di lei, di non avere più tempo. Ho paura e sono sola. Vorrei avere mia madre accanto a me, lei saprebbe cosa fare, cosa dire. Le mamme aggiustano sempre tutto. Ma la pandemia è fuori controllo e la sola cosa che posso avere è la sua voce al telefono che si rompe mentre mi dice “Lo so che ti ho sempre detto che andrà tutto bene, ma questa volta non ci riesco…questa volta ho paura…”
Ma anche questa tempesta passa, recupero e torno a casa dopo qualche giorno. Di nuovo tutti insieme, almeno noi tre. E tutti insieme ricominciamo a lottare per un lavoro, per un futuro, per non darla vinta a questa maledetta pandemia…e ci troviamo persino a gioire quando un lavoro, dopo immensi sacrifici ed impegno, lo si trova. Certo che il fato è ironico e beffardo: laboratorio Covid.
Passano le settimane, passano i mesi. Passano le notti insonni, le giornate difficili e quelle belle. Sofia cresce. “Magari il prossimo mese. Magari quello dopo. Ci vediamo presto”…E’ estate, la curva dei contagi sembra abbassarsi e per un attimo vediamo uno spiraglio di speranza…forse riusciremo a tornare a casa. Non abbiamo i documenti per Sofia, la pandemia ha bloccato anche la burocrazia. Ma forse possono venire loro…se solo mia madre non avesse una malattia neurologica degenerativa e mia suocera una grave malattia autoimmune…vogliamo loro troppo, troppo bene per rischiare di accorciare il loro tempo. Fa male, ma è la decisione giusta. Aspetteremo.
Il tempo passa, ma non per noi. Per noi si è congelato nell’immobilità di un’attesa interminabile.
Ma il mondo intorno a noi non smette di girare. Si apre, si chiude. Si va a mangiare fuori, specialmente ora che il Governo offre il 50% del tuo pasto al ristorante! Si viaggia, si torna dalle vacanze. Un po' più abbronzati, un po' più pieni di vita. Un po' egoisti, penso io. Un po' esagerati, pensano gli altri di noi. Il tempo, ahimè, ci darà una ragione che avrei tanto voluto non avere…
La curva dei contagi aumenta, di nuovo, inesorabile. Immunità di gregge? I numeri non gli danno ragione, i numeri sono spietati. Il tempo è spietato…perché il tempo passa, e non si cura di tutti gli attimi rubati, dei compleanni mancati, del Natale senza i sorrisi dei nostri cari, della nostra pelle assettata di abbracci, dei nostri cuori affamati di profumi…il tempo passa, e non si cura che la prima persona ad aver preso in braccio nostra figlia dopo di noi è stata una maestra d’asilo, né dello strazio di non poter oltrepassare la barriera di cristalli che ci separa dalle nostre famiglie, perché tua nipote accarezza la tua immagine su uno schermo e tuo nipote cerca di passarti i giocattoli, e tu fingi di riuscire a prenderli per non deludere la sua innocenza…mentre dentro qualcosa va in frantumi e ti chiedi se il tempo, quello stesso tempo che ti sta togliendo tutto, se un giorno quello stesso tempo saprà rimettere insieme tutti i cocci sbeccati della tua anima…
Attilia Mazzola
Welwyn Garden City, 27.01.2021
ndr: Attilia Mazzola e` una ragazza originaria di Dervio, diplomatasi brillantemente al Parini Serale di Lecco in Ragioneria, e precedentemente al Conservatorio di Milano (e` titolata per insegnare Musica alle Scuole Medie e Superiori).
Non trovando lavoro in Italia, da qualche anno e` emigrata in Inghilterra dove si e` sposata e lavora in una scuola Materna.