BELLANO, LA PICCOLA MANCHESTER DEL LARIO
La notizie diffusa ieri dell'acquisto all'asta dell'ex cotonificio Cantoni merita indubbiamente un approfondimento storico.
Il nucleo originario del Cotonificio Cantoni è stata una filatura aperta nel 1828 a Legnano; nella metà del XIX secolo, durante la seconda rivoluzione industriale, l'attività artigianale si trasformò poi in un'azienda vera e propria.
Nel 1855 la Cantoni fu la sola impresa della Lombardia a prendere parte all'Esposizione Universale di Parigi, mentre nel 1872 la ditta cambiò denominazione in "Società Anonima Cotonificio Cantoni", divenendo così la prima impresa cotoniera italiana a trasformarsi in società per azioni ed a venire quotata alla Borsa di Milano ove rimase fino al 1998. Andrea Ponti ne fu il primo presidente. Anche dopo la quotazione in Borsa il controllo dei cotonifici rimase sotto il controllo della famiglia Cantoni. Infatti, grazie ad un'accorta politica con la restante parte degli azionisti, la famiglia continuò ad avere un controllo assoluto sull'azienda.
La famiglia Cantoni possedeva comunque la maggioranza azionaria, dato che Costanzo Cantoni aveva azioni per 1 milione di lire, mentre suo figlio Eugenio per 2 milioni e 750 000 lire a fronte di un capitale totale di 7 milioni di lire
Eugenio Cantoni era la reale guida della società, essendo stato eletto direttore generale. Nel 1877 Eugenio Cantoni si dimise da tale carica in seguito ad una crisi societaria interna ed esterna. Dal 1880 l'azienda tornò a crescere dopo un periodo di crisi. Nel 1887 in Italia furono istituite delle tariffe doganali e queste misure protezioniste (soprattutto contro la Francia) pensate principalmente per le piccole aziende, portarono benefici anche alla Cantoni. Lo sviluppo del cotonificio continuò anche negli anni di crisi del settore cotoniero italiano, che avvenne tra il 1891 ed il 1893. Tale crescita fu dovuta principalmente al fatto che l'azienda avesse rivolto l'attenzione anche all'esportazione.
La fabbrica di Bellano, grande esempio di archeologia industriale, fu costruita nel 1898. Il complesso si presenta ancora oggi composto da due blocchi: uno più antico, in pietra di Moltrasio, l'altro più recente in cemento intonacato. Un ponte in ferro che attraversa il Pioverna collegava lo stabilimento con il magazzino.
Nel 1859 i Badoni di Lecco impiantarono un laminatoio ai piedi dell’Orrido di cui sfruttavano l’enorme massa di acqua. Successivamente Eugenio Cantoni affittò gli opifici esistenti e iniziò lo sua attività di filatura. Nel 1868 funzionavano ben 8600 fusi e veniva costruita una casa per gli operai in piazza San Giorgio. Lo stabilimento fu ricostruito nel 1898 dopo un disastroso incendio e venne costruita una nuova casa per i dipendenti, chiamata il Convitto. Gli occupati superavano il migliaio e giungevano da tutti i paesi della zona.
Per questi motivi il paese fu giustamente definita dallo scrittore bellanese Antonio Balbiani ‘la piccola Manchester del Lario’ per i suoi grandi stabilimenti di industria tessile (Gavazzi seta, Cotonificio Cantoni, Lanificio Rossi).
La massima espansione del cotonificio Cantoni si ebbe all'inizio del XX secolo. Nel periodo compreso tra il 1906 e il 1907 il Cotonificio Cantoni fu una delle aziende italiane ad avere l'aumento di capitale più cospicuo. Alla fine del primo decennio del XX secolo il Cotonificio Cantoni raggiunse in tutto i 1.500 operai ed i 1.350 telai.
Anche allo scoppio della seconda guerra mondiale (1940) l'azienda fu costretta a destinare gli impianti alla produzione bellica. Come per il primo conflitto mondiale, la Cantoni fu in difficoltà per l'approvvigionamento di materie prime. Nonostante gli eventi bellici, il cotonificio continuò comunque a crescere anche durante questo decennio.
L'espansione proseguì fino al 1951, quando fu registrato un periodo di flessione che spinse l'azienda a investire. La tendenza fu poi ancora positiva a partire dal 1954. Negli anni sessanta iniziò la decadenza dovuta alla progressiva industrializzazione dei paesi in via di sviluppo. Per riuscire a superare una crisi avvenuta nel 1963, il cotonificio Cantoni decise di cambiare il tipo di produzione, passando dai tessuti a tinta unita ai tessuti stampati: in questo modo i manufatti non erano più comuni e di largo consumo, bensì prodotti di pregio, con un più alto contenuto tecnologico. Con questo cambiamento di strategia, la Cantoni riuscì a superare la crisi e a ampliare le proprie strutture con l'acquisto, nel 1968, di alcuni stabilimenti della De Angeli Frua che portarono, alla forza lavoro dell'azienda, altri 1.000 dipendenti; questo dato portò le maestranze totali a 5.000 dipendenti.
La crisi pero` continuò e si acuì negli anni Settanta. La crisi irreversibile, per il cotonificio Cantoni, iniziò nella seconda parte degli anni Settanta, complici l'aumento del prezzo delle materie prime e delle fonti energetiche, entrambe causate da alcuni eventi straordinari che avvennero all'inizio del decennio l'inconvertibilità del dollaro (1971), la crisi petrolifera e la guerra del Kippur (entrambe nel 1973), che si aggiunsero alla cronica difficoltà causata dall'aumento del costo del lavoro e dalla concorrenza dei sistemi industriali esteri (Est Europa e Cina). A questo si aggiunsero i debiti accumulati dalla Cantoni, che erano ascrivibili alle eccessive giacenze nei magazzini di tessuti stampati: proprio in quel periodo la moda cambiò, privilegiando i tessuti a tinta unita.
Nel 1981 l'indebitamento del Cotonificio Cantoni toccò i 160 miliardi di lire. All'inizio degli anni Ottanta la società proprietaria dell'azienda era la Montedison. In seguito, nel 1984, la maggioranza azionaria del cotonificio fu acquisita da Fabio Inghirami. La Cantoni avviò quindi un progetto di risanamento ma le operazioni non raggiunsero i risultati sperati. Ciò portò ad una situazione finanziaria insostenibile che causò la chiusura graduale di tutti gli stabilimenti.
Per quanto riguarda la produzione, nel 1972 gli impianti di filatura erano all'interno degli stabilimenti di Cordenons, Arluno, Bellano, Castellanza e Ponte Nossa, e quelli di tessitura in quelli di Legnano Olmina, Castellanza, Ponte Nossa oltre che nello storico stabilimento legnanese sorto lungo l'Olona.
Fonte: Wikipedia e altri siti