Fiorentina pareggia
LA FIORENTINA HA PAREGGIATO 1-1 CON LA JUVENTUS !
Serie B (forse) evitata e un regalo agli amici interisti !
LA FIORENTINA HA PAREGGIATO 1-1 CON LA JUVENTUS !
Serie B (forse) evitata e un regalo agli amici interisti !
Si e` svolta a Barzio, in forma ridotta rispetto agli anni passati a causa del Covid, a cerimonia in ricordo dei morti nella II Guerra Mondiale e dei Partigiani caduti per la liberta`.
I Sindaci delle quattro amministrazioni dell`altopiano vasassinese, cioe` Barzio, Cassina, Cremeno e Moggio, hanno ricordato i nomi dei caduti in battaglia o fucilati e il valore della testimonianza del 25 Aprile.
Il Presidente dell`Anpi valsassinese, Giuseppe Amanti, ha ricordato il ruolo delle Resistenza sulle montagne valsassinesi, e il Parroco di Barzio Don Lucio ha insistito sulla necessita` di non essere egoisti e badare solo al proprio interesse personale, ma anche ricordare la generosita` di chi ha donato la propria vita per dare all`Italia nuove prospettive.
La cerimonia e l`alzabandiera si e` tenuta dalle 10 alle 11 di domenica 25 Aprile, nella piazza centrale di Barzio, presso il monumento ai Caduti
Altre commemorazioni si sono tenute in diversi paesi della Valsassina: a Pasturo, a Taceno, mentre a Premana si e` celebrata una Messa.
Cerimonia sobria ma intensa questa mattina a Introbio per le celebrazioni del 25 aprile, conclusasi con l’augurio di poterla condividere l’anno prossimo con tutta la popolazione.
Era presente, con il Sindaco, una rappresentanza del Gruppo Alpini con il presidente Piero Selva ed Elio Spotti per l’ANPI.
Dopo la lettura dei nomi dei partigiani trucidati nel 1944 e della scritta incisa sulla stele eretta al cimitero, luogo ove avvenne l’eccidio, il Sindaco Adriano Airoldi ha voluto ricordare quei fatti tramite il racconto del concittadino Renzo Mastalli che, giovanissimo, visse quei momenti e li ha ancora ben impressi nella memoria.
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Era il 15 ottobre del 1944. Quel giorno ero sulla porta di casa e li vidi passare: erano tutti su un pulmino della SAL, li avevano fatti salire davanti a Villa Ghiringhelli (l’attuale Villa Serena, n.d.r.) vicino al ponte sulla Troggia.
Con loro c’era un prete, il nostro parroco Don Arturo Fumagalli. Li avevano condannati a morte dopo averli catturati su per i monti di Biandino e li stavano portando al cimitero.
Aldilà di un finestrino riconobbi il Carletto Besana che, alzando il braccio, mi salutò con un “ciao Renzo” che non dimenticherò mai.
Dopo un quarto d’ora dal giardino di casa udii degli spari: li avevano già fucilati. Ricordo l’orario, erano le 15.30.
Corsi subito là appena in tempo per vederli tutti allineati nella fossa. Vicino a loro il Paolinet, il Conte e il Borla li guardavano e i loro volti erano pallidi e rigati dalle lacrime.
Qualcuno aveva coperto le teste di quei poveri ragazzi con dei sacchi di carta, un gesto di pietà affinché non venissero sporcati dalla terra.
Quei ragazzi erano il Carletto Besana, il Benedetto Bocchiola, il Carlo cendali, il Francesco Guarnerio, l’Andrea Ronchi e il Benito Rubini.
Ricordo che dopo il 25 aprile salirono a Introbio la mamma e la sorella del Carletto e del Guerino, che era morì tra le braccia del fratello l’11 ottobre mentre, ferito, salì sui monti ad avvisare i compagni del pericolo.
Si ripresero i loro corpi e li portarono a casa, a Barzanò dove furono sepolti con solenni funerali.
Don Arturo quel 15 ottobre mentre i partigiani venivano condotti al cimitero, implorò il comandante delle SS Comelli di lasciare in vita almeno il Carletto, visto che pochi giorni prima aveva perso il fratello.
Ma non fu ascoltato.
*****
Le cronache raccontano che mentre aspettava di essere fucilato Carletto Besana scrisse queste poche righe alla mamma.
“Cara mamma, fatevi coraggio quando riceverete la notizia della nostra morte, ho ricevuto i Sacramenti e muoio in pace col Signore. Mamma, non pensate al fratello Guerino perché l’ho assistito io alla sua morte. Arrivederci in Paradiso. Figlio Carlo. Ciao”.
Hai mai sognato di lavorare come scienziato forense occupandoti di impronte digitali, dna, profili psicologici o di balistica e altro ancora? Allora questa è la tua occasione. La #PoliziadiStato cerca 64 #commissari tecnici con diversi profili professionali: ingegneri, fisici, biologi, psicologi e chimici. Scoprite i dettagli dei 5 bandi e in bocca al lupo a tutti i concorrenti.
Sulla gazzetta ufficiale - concorsi ed esami - di oggi 23.04.2021 sono pubblicati i seguenti cinque concorsi per commissari tecnici della Polizia di Stato per i quali sono state create le relative pagine nei concorsi in atto:
- n. 24 posti di commissario tecnico fisico della Polizia di Stato;
- n. 13 posti di commissario tecnico ingegnere della Polizia di Stato;
- n. 12 posti di commissario tecnico biologo della Polizia di Stato;
- n. 9 posti di commissario tecnico psicologo della Polizia di Stato;
- n. 6 posti di commissario tecnico chimico della Polizia di Stato.
Le domande di partecipazione potranno essere presentate dalle ore 00.00 del 24 aprile 2021 alle ore 23.59 del 24 maggio 2021.
Il candidato dovrà inoltre essere in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) a lui personalmente intestata, ovvero di posta elettronica istituzionale (corporate) per i candidati appartenenti alla Polizia di Stato, dove riceverà le comunicazioni relative al concorso.
VALMADRERA (LC) - Chiusa la ferrata del Corno Rat: sono cominciati oggi i lavori per la messa in sicurezza e la manutenzione della via e in questi giorni sono in atto le operazioni di trasporto di materiale fino alla cima, da parte dell’Organizzazione Sportiva Alpinisti (OSA Valmadrera). La via ferrata pertanto resta chiusa e non è agibile da oggi fino al completamento dei lavori. Aggiornamenti e informazioni sul sito ufficiale dell’associazione, www.osavalmadrera.it.
I discorsi ellittici dei personaggi,
l’ossessiva vocazione di un “nulla”
che riassumerebbe la malattia del dolore,
designano un naufragio delle parole
di fronte all’affetto innominabile.
Julia Kristeva
“Presto fu tardi nella mia vita. A diciott’anni era già troppo tardi.” Le prime righe costituiscono l’addensarsi di una confessione che si immerge in una spietata premessa autobiografica. Anche se i testi di Marguerite Duras più che intenti autobiografici denunciano spinte, o meglio pulsioni, autoanalitiche pur se prive di lucidità clinica.
Con bruciante immediatezza la scrittrice, giornalista, sceneggiatrice, ci presenta le tre fatali illusioni alle quali si aggrappa: l’illusione dell’amore; l’illusione della giovinezza; l’illusione della vita. Lo sconosciuto che l’avvicina all’inizio de “L’amante” esprime la prima: “…io sono venuto a dirle che la trovo più bella ora, preferisco il suo volto devastato a quello che aveva da giovane”.Un volto che “…ha mantenuto gli stessi contorni, ma la materia di cui è fatto è andata distrutta.” Il “tardi” è già “subito”, qui e ora. Ha inizio senza premesse l’annullamento degli interstizi temporali cui Marguerite Duras piega con durezza tutte le sue narrazioni. Non si tratta di flash back, né di fratture cronologiche; neppure di discronie tecnicamente significative. Semplicemente la parola scritta ignora le convenzionali istanze legate al flusso temporale e alle sue regolarità che vengono disperse con pervicace nebulizzazione sintattica. Testo e lettore vengono in tal modo sospinti in una regione metatemporale caratteristica dell’inconscio, o del preconscio, che l’autrice sottopone ad un tentativo prospettico dichiaratamente inutile però decisamente produttivo non solo sul piano della suggestione formale.
Ma non si prova disorientamento. Al più leggera fatica nel seguire le sincopi stilistiche che percorrono l’opera della Duras. Anche se il bisturi analitico che Julia Kristeva affonda senza pietà nel corpo dei testi durassiani, non rivela nulla di sconosciuto sul piano dell’espressione scritta, quando parla di “… stile goffo, maldestro…” di “…estetica della goffaggine…” di “…frasi stiracchiate, prive di grazia sonora…”. Anche se, si affretta ad aggiungere, nella scrittura della Duras “Cè tuttavia un certo fascino…” . La tentazione strutturalista piega la mano della Kristeva. Alla quale più che il testo leggibile interessa la parola illeggibile, interiore e profonda.
L’illusione della vita, dicevo, la cui espressione compiuta è il traghetto che attraversa il Mekong e che trasporta, insieme a Marguerite quindicenne, anche l’altra de-lusione originata dall’illusione dell’amore. Significativamente il natante e la giovane Duras non puntano mai verso la foce, verso una meta. Non seguono uno sviluppo lineare: Non c’è un inizio né una fine essendo lo scorrere dell’acqua, disperata speranza, eraclitea illusione. Il traghetto non solca le acque torbide del fiume. Può solo percorrerle graffiando la superficie impenetrabile. Ogni profondità, ogni sbocco è precluso. La vita può solo cercare la longitudine chiusa tra due sponde in perenne oscillazione il cui sterile moto alternato non avvicina né allontana dallo sbocco al mare, in un’insensata navigazione attraverso un mondo “...che non ha primavera, non ha risvegli.” Nessuna latitudine è consentita. Non c’è il “risveglio” di una foce. Solo solitudine “…in un viaggio che ha per destinazione la vanità e il vento…”
Due soluzioni sono possibili, ma non necessariamente alternative: l’alcool e la scrittura. Marguerite le pratica intensamente, assiduamente entrambe: “Ho vissuto sola con l’alcool intere estati. (…) Ho bevuto subito come un’alcolizzata. (…) L’alcool è stato fatto per sopportare il vuoto dell’universo, l’oscillare dei pianeti, il loro ruotare imperturbabile nello spazio”. (M. Duras: “La vita materiale”; pag 23 - 25. I Narratori. Feltrinelli.). Senza però “…riuscire ad arrivare alla sostanza delle cose.” Illusione, appunto. Come l’illusione autobiografica poiché “La storia della mia vita non esiste”. Nessuna storia è possibile: “Scrivere non è raccontare storie: È il contrario di raccontare storie. È raccontare tutto insieme. Raccontare la storia e l’assenza di questa storia” (ibid. pag. 34). La narrazione percorre dunque altre regioni “…vaste zone dove sembra che ci fosse qualcuno, ma non è vero”.
Tra una sponda e l’altra della vita - fiume, sulle acque impenetrabili si materializza infine una terza possibilità - illusione: l’amore. L’amore rappresenta immediatamente i tratti di una passione che non l’abbandonerà più. Come l’alcool, “…dopo è sempre terribile…” perché è “…proprio come morire…”. La vita puzza sempre di morte. C’è sempre una madre che ti dona l’una imponendoti l’altra. Si apre così, con purissimo amore “…il baratro che mia madre mi annuncia sempre…”.
La madre. I fratelli. La famiglia. Habitat psichicamente e fisicamente devastante le cui patologie originarie vengono aggravate a dismisura dalla frantumazione del potere politico, economico, sociale già in atto del colonialismo francese in tutta l’Indocina. La disfatta di Dien Bien Phu non è lontana.
Così la famiglia appare “…di sasso, pietrificata, chiusa in uno spessore inaccessibile”. Opaca sedimentazione amniotica che preclude ogni contatto, spegne ogni sguardo. Guardare “Significa abbassarsi. È sempre disonorevole, non c’è nessuno che valga uno sguardo”. Insopportabile kenosis del contatto.
E il tempo continua ad andare in pezzi. Frantumato, distorto, annichilito dalla parola scritta da Marguerite Duras, esploso in mille frammenti irriducibili. Ora ha 17 anni, quattro righe dopo ne ha 15 e mezzo. Disorientamento temporale assoluto, indecifrabile come la cronologia dei sogni. Ogni coordinata evapora e muore. L’ultima riga parla di amore. Di quell’amore. E di morte.
La Grigna protagonista a Monti Sorgenti: il 29 aprile apre la mostra “Raccontare le vie” alla Torre Viscontea
Un fantastico viaggio attraverso la storia dell'alpinismo, seguendo le linee delle relazioni tecniche che hanno tracciato nero su bianco alcune tra le più celebri vie in Grigna. La mostra "Raccontare le vie. Disegni e parole al servizio degli scalatori" curata da Alberto Benini e Pietro Corti trova spazio nel calendario espositivo 2021 del Comune di Lecco e rappresenta l’evento inaugurale della X edizione di "Monti Sorgenti".
L’esposizione apre uno sguardo su un tipo di letteratura di montagna poco esplorato, ma che può costituire un punto di riferimento per gli scalatori del presente, dominato da un’overdose di informazioni e di fonti non sempre documentate. La mostra si concentra in particolare su tre grandi vie di scalata, vere classiche del XX secolo: la Cresta Segantini, (1905), il Sigaro (1915), il Pilastro Rosso (1975), delle quali si raccolgono esempi di relazioni tecniche che risalgono agli inizi del secolo scorso, come la guida di Edmondo Brusoni del 1903 dedicata alle montagne di Lecco.
"La montagna - spiega l'assessora alla cultura del Comune di Lecco, Simona Piazza -, è uno dei temi più importanti della nostra programmazione amministrativa. Con piacere inauguriamo la ripresa della riapertura dei musei con una mostra, giunta alla sua decima edizione, che propone la storia dell’alpinismo e delle relazioni fra il territorio e le nostre montagne. Un appuntamento culturale che utilizza ed esprime linguaggi diversi legati alle eccellenze di Lecco".
“I primi esempi di guida nascono legati alla necessità di raccontare e illustrare il progresso nella tecnica dell’arrampicata – spiega Alberto Benini, storico dell’alpinismo -, favorendo l’avvicinamento di fasce sempre più larghe della popolazione al mondo della scalata e il proliferare rapido e inarrestabile di nuovi itinerari”.
"Ogni pannello - prosegue Pietro Corti, autore di guide e siti internet - è un'occasione preziosa per scoprire storie, comprendere come scalavano gli alpinisti nella loro epoca e come è nata l'arrampicata sulle nostre montagne. Il percorso ideato per questa mostra fa guardare da un punto di vista nuovo, mai esplorato prima ed è anche un'occasione per comprendere meglio l'importanza delle relazioni tecniche in un mondo come quello di oggi, dove l'overdose di informazione che si trova su internet, fa perdere valore alla stessa. La mostra si avvale dell'originale grafica di Marta Cassin ed è stata realizzata con il prezioso contributo di Adriana Baruffini con il supporto del SI.M.U.L. (Sistema Museale Urbano Lecchese), che
Riaperture, il nuovo decreto Draghi: cosa si può fare da lunedì 26 aprile
Da lunedì 26 entra in vigore il nuovo dpcm: cambiano regole e divieti. La circolare del Viminale e le note del governo chiariscono i dubbi sulle nuove norme.