"Se vieni eletto in Parlamento con quel partito e poi cambi partito, te ne vai a casa e ti togli dalle palle. Basta con questa cosa del vincolo di mandato. Sennò poi ti trovi gli Scilipoti e i Verdini". Cambiano i tempi, cambiano i nomi, cambiano, evidentemente, anche le incrollabili certezze di Matteo Salvini. Era il 2 agosto del 2016 e il segretario leghista tuonava così alla festa della Lega di Cervia-Milano Marittima, che ormai per la Lega sovranista pare proprio aver preso il posto di Pontida. I tempi sono cambiati, cambiano ancora le casacche, ma ormai non solo non ci si scaglia contro i fedifraghi, ma li si accoglie a braccia aperte.
La conferenza stampa dei giorni scorsi con cui sono stati arruolati tre esponenti lombardi di Forza Italia, e non certo di secondo piano, pare la chiusura dell’ennesimo capitolo della storia di una Lega che si dichiarava dalla parte dei cittadini e lontana dal palazzo. Ora, di fronte alle evidenti difficoltà nella campagna elettorale per le amministrative, pare che la strategia sia quella di conquistare gli eletti più che gli elettori, nella speranza che portino in dote quei voti che paiono sfuggire sempre più alla versione sovranista dell’ex partito del Nord.
Più che andare a casa o togliere il disturbo, ora gli ex forzisti vengono accolti in una nuova casa che non si capisce bene a che indirizzo si trovi, quello della responsabilità di chi sostiene i passaggi difficili del governo Draghi o quello populista di chi prende le parti di chiunque protesti contro il sistema in nome di una malintesa libertà. In Lombardia il sistema di potere della Lega parrebbe rafforzarsi, ma crescono i dubbi sulla sua reale capacità di rappresentare una regione che in due anni ha perso molte certezze e, soprattutto, la fiducia nella capacità di governo di chi l’ha dominata per decenni.
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